Nel secondo dopoguerra Monsummano e il suo territorio è interessato da quel mutamento totale - i cui prodromi erano già presenti all'inizio del secolo - che porterà nel giro di un quarantennio al raddoppio degli abitanti, ad una progressiva industrializzazione e al conseguente abbandono delle attività agricole, allo spopolamento disordinato delle campagne, ed infine alla trasformazione sostanziale dell'aspetto paesistico ambientale e socio-economico.
Tra il 1951 e 1961 i comuni di Monsummano, Pieve a Nievole, Massa e Cozzile, Pescia, Uzzano e Chiesina Uzzanese, presentano indici di industrializzazione elevati ed un incremento sia delle unità che degli addetti.
Monsummano era, tra gli anni '50 e '60 al quarto posto tra i grandi centri calzaturieri italiani, con una produzione annua valutabile in 6-7 milioni di paia di scarpe, pari al 65%-70% di quella della provincia di Pistoia e ad oltre il 3% di quella nazionale.
Nel comune continuava ad essere pienamente attiva anche la grande industria conserviera (F.lli Polli) che utilizzava le risorse agricole locali. La tradizionale lavorazione delle erbe palustri insieme a qualche stabilimento per la fabbricazione di scope e spazzole di saggin, faceva di Monsummano forse il centro più importante d'Italia per questa produzione.