2012-09-12 | SEZIONI

Conoscere il cielo

La più importante tra le scoperte galileiane, resa pubblica nel Sidereus Nuncius, è quella dei satelliti di Giove che rappresentano “un ottimo ed eccellente argomento per togliere di scrupolo coloro che, pur accettando con animo tranquillo nel Sistema Copernicano la rivoluzione dei Pianeti intorno al Sole, sono però così turbati dalla rotazione della sola Luna intorno alla Terra (…) da ritenere che si debba respingere questa struttura dell’universo come impossibile; perché ora (…) abbiamo (…) quattro Stelle l’esperienza sensibile ci mostra erranti intorno a Giove, a somiglianza della Luna intorno alla Terra, mentre tutte insieme con Giove, nello spazio di 12 anni tracciano un gran giro intorno al Sole”.

L’interesse di Galileo per lo studio dei moti dei satelliti di Giove parte dalla considerazione che la conoscenza della posizione dei satelliti nel tempo può essere letta a rovescio: dalla posizione dei satelliti si può risalire al tempo, cioè all’ora del luogo di osservazione, indispensabile per determinare le longitudini in mare, all’epoca un problema non ancora risolto.

Mentre la latitudine di un punto si trova immediatamente misurando l’altezza della stella polare sull’orizzonte, per la longitudine occorreva sapere l’ora di bordo e quella che nello stesso momento si misurava nel porto di partenza (la cui longitudine era nota); la diff erenza dei due valori dava la diff erenza di longitudine tra i due luoghi, il porto di riferimento e la nave .

La soluzione del problema della longitudine in mare era vitale, perciò le grandi potenze marinare offrirono grosse ricompense a chi avrebbe trovato la soluzione (sarà trovata nel XVIII secolo con i cronometri marini).

Galileo propone la sua soluzione al problema e prepara la strada alla realizzazione del Giovilabio.

La misura del tempo

Nel 1636 Galileo decise di partecipare alla gara per il premio di 30.000 fiorini bandito dagli Stati Generali delle Province Unite dei Paesi Bassi per l’invenzione del metodo atto a determinare la longitudine in mare; alle tabelle delle effemeridi dei satelliti di Giove – il suo “orologio celeste” – aggiunse un dispositivo, basato sull’isocronismo delle oscillazioni del pendolo, capace di conservare il tempo locale tra due successive osservazioni dei satelliti di Giove. Nel 1641 lo migliorò aggiungendovi uno scappamento con una ruota a pioli. Il figlio Vincenzo ne fece uno schizzo per un modello, elaborato successivamente da Viviani.

Lo sviluppo e il perfezionamento di queste idee furono poi merito di Christiaan Huygens.

Il pendolo è uno strumento che deriva dal filo a piombo: un peso è legato a un sostegno e può essere fatto oscillare. L’ampiezza delle oscillazioni varia, riducendosi di continuo, ma il tempo in cui si compie un’oscillazione completa è approssimativamente costante e viene detto “periodo del pendolo”. Esso è proporzionale alla lunghezza del filo che sostiene il peso: fu Galileo a stabilire per primo la legge che lega questa lunghezza al periodo e a pensare di sfruttare queste caratteristiche del pendolo per regolare lo scappamento di un orologio.



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